sabato 2 novembre 2013

MARXISTI, RADICALI E SOCIALISTI FOLGORATI DA RATZINGER – lo Straniero

MARXISTI, RADICALI E SOCIALISTI FOLGORATI DA RATZINGER

Quello di Ratzinger è stato un "tentativo eroico di arginare la forma postmoderna dell'Anticristo". A pronunciare queste parole – in riferimento al magistero di Benedetto XVI sui grandi temi etici e antropologici – è stato uno dei più importanti pensatori marxisti dei nostri anni, Mario Tronti, già fondatore teorico dell'operaismo e impegnato politicamente nel Pci, poi nel Pds e nel Pd.

Sorprendente è anche il luogo in cui Tronti è intervenuto, sabato 26 ottobre. Si trattava della Nona edizione degli "Incontri di Norcia" della Fondazione Magna Carta.

 

ACCADDE A NORCIA

 

L'evento infatti ruotava attorno a due testi d'ispirazione ratzingeriana: il "Manifesto di Norcia", lanciato nel 2011 da Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella e Maurizio Sacconi, che intendeva parlare al centrodestra; e il manifesto dei cosiddetti "Marxisti-ratzingeriani", scritto da Giuseppe Vacca, Mario Tronti, Pietro Barcellona e Paolo Sorbi che parlava alla sinistra democratica.

Il punto d'incontro di intellettuali così diversi per storia e per appartenenza politica è proprio Joseph Ratzinger.

Sia la sua lezione come vero gigante della cultura contemporanea, sia il suo magistero come papa Benedetto XVI. Infatti il titolo del convegno  di quest'anno era "Ratzinger oltre Ratzinger".

Si converrà che in un Paese come l'Italia un simposio del genere – per di più nel nome del papa emerito – è un avvenimento eccezionale. Che dovrebbe far clamore. Ancora di più se si tengono presenti le storie personali dei protagonisti.

Quagliariello viene da una militanza radicale e dalla cultura liberale. Maurizio Sacconi dal mondo del socialismo riformista. Eugenia Roccella fu una militante radicale e femminista (tutti e tre sono oggi parlamentari del Pdl).

Dall'altro lato Giuseppe Vacca è stato lo storico togliattiano del Pci ed è Presidente della Fondazione Gramsci. Mario Tronti è – come ho detto – uno dei maggiori filosofi marxisti italiani ed è stato dirigente del Pci e parlamentare del Pds e oggi del Pd; Pietro Barcellona (purtroppo recentemente scomparso, ma ha rappresentato un pilastro essenziale di questo gruppo) è stato un intellettuale autorevole e deputato del Pci (nel 2010 rese noto il suo avvicinamento alla fede cattolica).

Infine il sociologo Paolo Sorbi si è formato nella famosa facoltà di sociologia di Trento insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, quindi – dalla militanza politica e intellettuale nella sinistra – è passato anni fa al cattolicesimo.

Come si vede nemmeno uno proviene dal tradizionale associazionismo cattolico o comunque da aree contigue. Al contrario, per anni tutti hanno militato intellettualmente e politicamente in mondi opposti alla Chiesa.

Quindi è clamoroso che si ritrovino oggi nella riflessione sul pensiero di Ratzinger e specialmente su quei temi che più – in questi anni – hanno caratterizzato i pronunciamenti del magistero cattolico.

 

UN APPELLO

 

Non che, negli scorsi decenni, non vi siano stati importanti intellettuali laici e anche marxisti che hanno convenuto con la Chiesa sui temi etici più scottanti. In controtendenza con la deriva radicale e nichilista presa dalle culture dominanti.

Penso alle posizioni di Max Horkeimer – fondatore della Scuola di Francoforte – contro la pillola, bocciata nell'Humanae vitae di Paolo VI (proprio mentre tanti intellettuali cattolici cominciarono a dissentire dal Papa).

O penso alle posizioni contro l'aborto che assunsero prima Pier Paolo Pasolini e poi Norberto Bobbio. O al dialogo fra Joseph Ratzinger e Jurgen Habermas.

Tuttavia l'incontro di Norcia rappresenta una grossa novità. Per la prima volta compare sulla scena un gruppo di intellettuali, di culture e appartenenze politiche laiche e molto diverse, che insieme si appropriano di quella riflessione etica che finora ha caratterizzato il discorso della Chiesa.

E che insieme parlano ai diversi schieramenti politici suonando l'allarme sull'"emergenza antropologica" che rischia di affondare la nostra civiltà.

Infatti il convegno di Norcia si è concluso con una dichiarazione comune di tutte queste personalità che andrebbe letta attentamente.

In questa Italia lacerata da una sorta di guerra civile permanente essi avvertono "la necessità nella dimensione politica di un umanesimo condiviso quale è stato disegnato, per credenti e non credenti, dalla tradizione cristiana e dalla Costituzione repubblicana".

Poi sottolineano che siamo dentro "una vera e propria emergenza antropologica" e affermano che "le funzioni di governo sono investite di responsabilità in relazione al valore della vita, della famiglia naturale, della libertà educativa, alla luce anche dei nuovi comportamenti sociali".

Sottolineo, fra le altre cose, il felice ingresso del tema della libertà di educazione. Infine i firmatari della dichiarazione rivolgono un appello al Parlamento:

"Noi invitiamo il Parlamento ad una moratoria legislativa sui temi eticamente sensibili con lo scopo di sostituire il conflitto ideologico con il reciproco ascolto tra sostenitori delle diverse tesi in funzione di soluzioni unificanti e non divisive la società italiana. Ed invitiamo i grandi partiti che hanno in corso processi di verifica interna, destinati a concludersi emblematicamente nello stesso giorno (8 dicembre), a misurarsi con i temi antropologici nella ricerca di una comune base etica della nazione".

A me pare un evento davvero significativo. Qualcosa che dovrebbe catalizzare l'attenzione dei media.

Invece accade che personalità così autorevoli, dalle storie così significative e lontane dalla Chiesa, che oggi individuano nell'insegnamento di Papa Ratzinger il punto di riferimento per pensare il presente (in alcuni casi anche arrivando alla fede personale), passino del tutto inosservate sia ai media laici che all'establishment clericale.

I primi troppo impegnati a celebrare quotidianamente il nulla, i secondi – penso al Cortile dei gentili – troppo desiderosi di accodarsi alla pochezza nichilista delle mode mondane.

 

UN'ITALIA MIGLIORE

 

Eppure il cammino che ha portato a Norcia questi due gruppi è serio, è un percorso intellettuale forte, profondo. E si radica nelle culture storiche di questo Paese (il marxismo, il radicalismo, il socialismo e il liberalismo), che si incontrano – a sorpresa – su quel terreno bimillenario che è il cattolicesimo.

Il loro dunque è un appello che meriterebbe l'attenzione dei media. Perché fa intravedere davvero la possibilità di un'Italia totalmente diversa. Non più lacerata dai conflitti che oggi occupano le pagine dei giornali, tanto feroci quanto culturalmente miseri.

Con intelligenza Giuseppe Vacca, nella sua relazione a Norcia, ha colto la continuità fra Ratzinger e papa Francesco nell'enciclica "Lumen fidei", scritta a quattro mani dai due pontefici. Proprio partendo da un passaggio di quell'enciclica Vacca afferma il valore sociale e pubblico della predicazione cristiana.

Se, infatti, "l'età moderna iniziò dal 'come se Dio non esistesse' che accompagnava l'emergere dalle guerre di religione dello Stato-nazione europeo, che relegava le religioni in uno spazio proprio… a conclusione del ciclo storico dello Stato-nazione come soggetto egemonico della modernità, dinanzi al rischio della 'catastrofe antropologica', può essere il 'come se Dio esistesse' il principio di una nuova alleanza tra fede e ragione? Se il contenuto della fede" dice Vacca "è il sapere dell'amore, un sapere che non si attinge da nessun'altra esperienza, ma solo dal riconoscimento dell'Altro, non solo è storicamente giustificato il ruolo pubblico della religione, ma è anche necessario che quel sapere venga trasmesso e insegnato".

Questa può essere l'alba di una vera rivoluzione culturale.

 

 

Antonio Socci

 

Da "Libero", 1° novembre 2013

Facebook: "Antonio Socci pagina ufficiale"

 

 



Inviato da IPhone 

venerdì 1 novembre 2013

L'Osservatore Romano, Benedetto XVI e il dono del Gesù di Nazaret


Benedetto XVI e il dono del Gesù di Nazaret

Consegna del Premio Ratzinger a Richard Burridge e a Christian Schaller

Un grande affetto, tanta riconoscenza  e una stima profonda. Sono i sentimenti espressi  sabato 26 ottobre, da Papa Francesco nei confronti di Benedetto XVI in occasione della cerimonia per la consegna del Premio Ratzinger nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.

"Vorrei condividere con voi una riflessione che mi viene spontanea quando penso al dono davvero singolare che egli ha fatto alla Chiesa con i libri su Gesù di Nazaret - ha detto Papa Francesco - Mi ricordo che quando uscì il primo volume, alcuni dicevano: ma che cos'è questo? Un Papa non scrive libri di teologia, scrive encicliche!... Certamente Papa Benedetto si era posto questo problema, ma anche in quel caso, come sempre, lui ha seguito la voce del Signore nella sua coscienza illuminata. Con quei libri lui non ha fatto magistero in senso proprio, e non ha fatto uno studio accademico. Ha fatto dono alla Chiesa, e a tutti gli uomini, di ciò che aveva di più prezioso: la sua conoscenza di Gesù, frutto di anni e anni di studio,  di confronto teologico e di preghiera. Perché Benedetto XVI faceva teologia in ginocchio, e tutti lo sappiamo. E questa  l'ha messa a disposizione nella forma più accessibile. Nessuno può misurare quanto bene ha fatto con questo dono; solo il Signore lo sa!"

Il Premio Ratzinger, giunto alla sua terza edizione, è stato consegnato al reverendo Richard A. Burridge, decano del King's College di Londra e ministro della comunione anglicana -  il primo cristiano non cattolico a cui viene conferito il Premio, e al teologo tedesco Christian Schaller Christian Schaller, laico, docente di teologia dogmatica e vicedirettore dell'Istituto Papa Benedetto XVI di Regensburg. 

Schaller, ha ricordato il cardinale Camillo Ruini, ha ottenuto il premio «non solo per il suo contributo agli studi teologici ma anche come riconoscimento del ruolo che sta svolgendo nella pubblicazione dell'opera omnia di Joseph Ratzinger. Questa pubblicazione ha infatti un'importanza primaria per il futuro degli studi ispirati al pensiero di Joseph Ratzinger Benedetto XVI, che è lo scopo centrale della Fondazione».

 

27 ottobre 2013


martedì 29 ottobre 2013

Amici, non so voi, ma una volta ritornato a casa, ho ritrovato i soliti problemi di sempre.

Amici, non so voi, ma una volta ritornato a casa, ho ritrovato i soliti problemi di sempre.
La realtà sembra minacciosamente incomprensibile tanto da confondere spesso qualche traccia di luce lasciata nei giorni scorsi quando ci siamo incontrati.
La tentazione è quella di vivere come se quello che è accaduto, i richiami che abbiamo avuto e l'esperienza che abbiamo percepito e vissuto siano stati un sogno.
È' qui, proprio qui, sulla posizione da riprendere di fronte la realtà quotidiana, che si gioca il combattimento tra lo scetticismo astratto dell'epoca moderna e di sempre, quando ci concepiamo distaccati da quello che Dio fa accadere tra di noi, ed una vera attesa, semplice e piena di Speranza perché certi di una Realtà .
Accade qualcosa tra noi, facciamo un esperienza di luce, Pace Senso e facciamo subito obiezione scettica!
No! Quello che è accaduto è davvero accaduto!
Allora se questa esperienza di verità che abbiamo fatto li, in quel luogo , è applicabile qui dove siamo ritornati? Quasi rii immersi in circostanze laceranti, distraenti, che strappano a noi stessi anche l'ammissibilità dell'evidenza?
L'avvenimento di Cristo, la Comunione con Cristo riaccade ma non secondo i nostri schemi e immagini.
Allora quello successo a Lecceto, riaccaduto senza previsioni e particolari tecniche ma perché immersi dentro i luoghi e i richiami inconfondibili di Cristo, è realtà che può riemergere in noi, ridestarsi in noi, se rimaniamo semplici ad attendere ed osservare dove riaccadrà, di chi il mistero si servirà per riparlarci, chiamare il nostro nome e manifestarsi!
Maurizio


Inviato da IPhone

lunedì 28 ottobre 2013

Santa Messa per la Giornata della Famiglia, in occasione dell'anno della Fede, 27 ottobre 2013

Proprio in questi giorni che abbaiamo avuto il ritiro a Lecceto con le nostre famiglie e conb i nostri amici , il Papa richiama il mondo laico ai principi fondanti della nostra identità e operatività ..!

http://www.vatican.va/holy_father/francesco/homilies/2013/documents/papa-francesco_20131027_omelia-pellegrinaggio-famiglia_it.html#

domenica 27 ottobre 2013

Grande Ritiro a Lecceto incentrato sullo Spirito Santo che ci ha dato segno dei suoi doni e dei suoi ...sapori!!...

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

Foto da 27/ott/2013

domenica 27 gennaio 2013

Fwd: LA MIA BELLISSIMA SIENA ALLA RICERCA DELLA SUA ANIMA – lo Straniero



 Godibilissimo articolo di Socci alla ricerca delle radici perdute, lavoro a cui siamo chiamati tutti nel luogo dove siamo per riconoscere le derive e gli impazzimenti del vivere sociale e politico!


LA MIA BELLISSIMA SIENA ALLA RICERCA DELLA SUA ANIMA

Scivolare sulla finanza derivata. Tragicomico destino quello del Monte dei Paschi, l'unica banca – che io sappia – che sia stata celebrata in un'opera letteraria: i "Cantos" di Ezra Pound.
Celebrata dal poeta americano perché nei suoi Statuti seicenteschi scoprì una banca per il popolo che si fondava sulla fertilità della terra e sul lavoro, al contrario del modello della Banca d'Inghilterra.
Siena per Pound era il simbolo della lotta allo strapotere della finanza e dell'usura.
Non so se ora Siena perderà la "sua" banca. Mi addolora molto di più che – da tempo – abbia perso la sua anima. "Che vale all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?".
Fra l'altro è proprio l'anima cristiana della città (oggi dimenticata) che è storicamente alle origini delle sue fortune (anche economiche) e della sua gloria.
Lo sanno gli attuali padroni di Siena e i suoi cittadini?
Sta scritto perfino nel simbolo più antico della sua ricchezza, la moneta della Repubblica di Siena, che riportava la formula: "Sena vetus Civitas Virginis". Città della Vergine. Non era un'espressione celebrativa, ma giuridica e politica.
A tutte le mire dei conquistatori che, nei secoli, si affacciavano all'orizzonte, Siena opponeva la sovranità della sua Regina, la Madonna, garante della libertà e dell'indipendenza della città.
E' a lei, l' "Advocata senensium", che sempre la città si è affidata, perfino con atto notarile, nei momenti di pericolo (dalla battaglia di Montaperti alla "peste nera" del XIV secolo, dai terremoti fino alla Seconda guerra mondiale).
Anche il famoso ciclo di affreschi politici, detti del Buongoverno e del cattivo governo, realizzato da Ambrogio Lorenzetti nel palazzo pubblico, in filigrana, celebra proprio la regalità di Maria su Siena.
Non a caso a Siena tutto parla di lei e canta la più "umile e alta" delle creature.
Dal campanone della Torre del Mangia (si chiama "Sunto" in onore della Madonna Assunta) alla Cattedrale che è un poema di marmo, un trattato di teologia della storia incentrato su Maria; dal Palio (sia quello di luglio che quello di agosto sono feste della Vergine) allo stesso simbolo della città, quella Balzana (lo scudo bianco e nero) che rimanda al bianco e nero della Cattedrale.
Secondo il Gigli, ripreso dal Vannini, la balzana senese sarebbe la "realizzazione araldica dell'aretologia mariana (castità e umiltà) o addirittura (si potrebbe aggiungere) delle Sue ossimoriche attribuzioni (umile e alta, vergine e madre) o del mistero della Sua maternità (Verbum caro)".
Alla Madonna è dedicato anche l'Ospedale che sorge ai piedi della cattedrale, fondato nel X secolo dai canonici del Duomo per i bambini esposti e i pellegrini. E' uno dei più antichi e gloriosi ospedali del mondo.
L'immagine della Madonna a Siena si trova dovunque, da tutti i palii alle antiche biccherne (le tavole dei libri contabili), dalle porte della città all'altar maggiore della Cattedrale (dov'era posta la Maestà di Duccio), dalla sala del palazzo pubblico, dove si trova la Maestà di Simone Martini, ai crocicchi delle strade.
La stessa della piazza del Campo ha la forma del mantello della Madonna della misericordia, l'icona dove tutta la città si raccoglie sotto la protezione della Madre di Dio.
Dicevamo della moneta con la scritta mariana.
Perduta la "Civitas Virginis" (cioè la fede che era il vero tesoro della città), oggi si perde anche la "moneta", ovvero la banca e la prosperità.
E' inevitabile, perché quella prosperità germogliò e fruttificò su un terreno spirituale, di forti valori cristiani.
Il Monte dei Paschi – la più antica banca del mondo – nasce infatti come monte di pietà. I monti di pietà sono quelle istituzioni finanziarie senza scopo di lucro pensate dai francescani, e fondate alla fine del XV secolo, per aiutare la crescita economica dei ceti più disagiati e sottrarli da una parte alla miseria, dall'altra all'usura.
C'è soprattutto un santo francescano di Siena, san Bernardino (sulla scia del francescano Giovanni Olivi), alle origini della teoria dell'utilità soggettiva in economia. Luigino Bruni e Alessandra Smerilli hanno dimostrato nel libro "Benedetta economia" che proprio i francescani (e prima i benedettini) hanno posto le basi del sano pensiero economico e della prosperità dei nostri popoli (Rothbard lamentava che gli economisti si fossero poi allontanati dai pensatori cattolici).
E' quella che Stefano Zamagni ha chiamato "l'invenzione dell'economia di mercato civile".
Ma la Siena di oggi neanche ricorda che san Bernardino – una grande figura – è un santo di questa città. Così come santa Caterina, che è patrona d'Italia, compatrona d'Europa e dottore della Chiesa, ma il cui santuario, a Siena, è pressoché sempre deserto e dimenticato.
Piccolo emblema di questo smarrimento dell'identità e della memoria è stato – tre anni fa – il palio dove attorno al volto della Madonna sono stati disegnati alcuni versetti del Corano, la sura 19. La banale Sinistra del politically correct lasciava il segno di un superficiale sincretismo.
E' sempre stato problematico per una classe politica non raffinatissima come quella del Pci (poi Pds, Ds e Pd), amministrare una città così carica di storia, di cultura, dove tutto parla della sua antica fede cristiana.
Agli inizi del Novecento Siena era una città in parte ancora cattolica e laica. Un po' isolata e asfittica come appare nei romanzi di Federico Tozzi.
Dal 1945, con l'urbanizzazione di molti nuclei familiari dalle campagne, il Pci conquista la maggioranza e negli enti locali assume il potere, tenuto pressoché senza interruzione fino ad oggi (sono 67 anni).
Ma la borghesia senese, un po' laica, un po' cattolica, ha governato istituzioni importanti come l'Ospedale, il Monte dei paschi e l'Università (anch'essa fondata, nel 1240, in pieno medioevo cristiano).
Con i decenni il potere della Sinistra si è allargato sempre più. Vent'anni fa solo il Monte, governato da Dc e socialisti, faceva eccezione. Ma da allora, dalla nascita delle Fondazioni, gli enti locali rossi hanno preso il sopravvento. E la Sinistra a Siena domina senza rivali e senza alcuna opposizione.
Esprime però una classe politica che sembra del tutto estranea alla grande storia della città. Ricordo che negli anni Ottanta il Pci tirò fuori un manifesto per le elezioni che raffigurava la Piazza del Campo. Volevano così celebrare il loro buon governo.
Come se quella piazza di sogno l'avessero fatta loro. Ahimé il Pci a Siena ha saputo fare solo una quartiere satellite, San Miniato, che, nella sua triste bruttezza, ricorda le grigie periferie dei regimi dell'Est. E' il perfetto simbolo dell'epoca rossa.
Sono rarissimi (uno o al massimo due) i dirigenti comunisti che abbiano saputo sintonizzarsi con la spiritualità e la storia di Siena. Ma va anche detto che tutti sono stati mandati al potere per decenni dal voto degli attuali senesi.
Siamo un popolo attaccato alle sue antiche tradizioni, ma immemore delle sue origini cristiane. Questa è una città che, grazie al Monte, è vissuta per decenni al di sopra delle sue possibilità e il dorato benessere ha addormentato gli spiriti e annichilito le energie migliori.
Oggi un'eredità immensa (e immeritata) sembra sia stata dilapidata. E la città, bella addormentata, si sveglia in un deserto, senza più un tessuto economico, un'identità e un futuro.
Si ripresenteranno, per il governo del Comune di Siena (e tutto il resto), i soliti che da anni sono sulla scena politica, oltretutto senza alcuna idea del futuro?
Eppure a Sinistra c'è chi riconosce lealmente che "non siamo stati all'altezza". Possibile che non si sentano in dovere di cambiare tutto?
L'unica speranza per questa bella città è la discontinuità: che facciano tutti un passo indietro, emergano nuove energie, nuove idee e nuovi volti.
Questo cataclisma potrebbe portare una rinascita. Ma prima che la sua banca, Siena deve ritrovare un'anima.

Antonio Socci
Da "Libero", 27 gennaio 2013
Vedi Facebook: "Antonio Socci pagina ufficiale"


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